domenica 4 settembre 2011

Magic madness

And even if everything's changed,
that look, that voice, that feeling still stand.
It's like a rush of memories that reminds me of us.
I used to claim your lips.
You used to sing me a song.
Just another bittersweet game.

mercoledì 31 agosto 2011

Fashion week, I'm coming!

Ci siamo quasi: otto giorni e poi sarò di nuovo "where I belong".
Rick mi ha già organizzato la maggior parte della settimana che si snoda tra party, sfilate ed eventi.
Love it!

mercoledì 29 dicembre 2010

Hairspray - La Guardia High School

Cercare ossessivamente qualcosa su internet porta i suoi frutti: ecco il link per la prima parte di Hairspray, il musical di cui ho scritto qualche settimana fa. Ora potrete vedere con i vostri occhi quello che ho cercato di raccontare, tenendo conto che vederli dal vivo è stato sicuramente molto più emozionante.

Parte 1: http://vimeo.com/18075890

mercoledì 22 dicembre 2010

Ti amo, New York

Poi LEI decide di salutarti così, più bella che mai, e sembra ti stia dicendo che, come ti è successo, a volte i sogni possono realizzarsi. I LOVE YOU, NEW YORK.



martedì 21 dicembre 2010

Last weekend (part3)

Eccoci all’ultima domenica newyorkese. Pranzo veloce a casa e tutti e tre insieme prendiamo la metro e ci dirigiamo verso il Met, il museo per eccellenza secondo molti. E’ domenica, fa freddo e quindi chiunque sconsiglia di buttarsi dentro un museo, ma è praticamente l’ultima occasione e ci dobbiamo sacrificare per la cultura! Con in mano la piantina decidiamo in primo luogo le parti da saltare: via l’arte asiatica (dopo il viaggio della speranza non ne possiamo più di cinesi e simili), via quella africana e dopo un veloce e parziale giro nella parte americana, decidiamo di saltare pure quella dato che si tratta per lo più di mobili e arredamento. Piacevole passeggiata tra cimeli e templi egiziani finché non arriviamo all’arte moderna e subito dopo ai dipinti europei. Per il mio modestissimo parere, non c’è storia: Europa 1, resto del mondo 0 (resto del mondo che abbiamo saltato naturalmente, quindi non potrei nemmeno pronunciarmi, a dire il vero!). Diciamo che più che una visita al museo è stato il remake di alcune scene di “The Dreamers”: due ragazzi e una ragazza che corrono lungo i corridoi di una galleria, in questo caso del Met e non del Louvre.
Arriva così l’ora della merenda e quindi usciamo per gustarci un buon cappuccino a Le Pain Quotidien, rinomata catena francese dove si possono trovare delle vere leccornie.
Prima di tornare a casa e prepararci per la serata, ecco la ciliegina sulla torta (o la nutella sul french roll): facciamo tappa da Bloomingdale, dove Alex mi compra un meraviglioso regalo di Natale. <3 Grazie amore (e grazie Coco).
Di corsa a prepararci: alle 8.30 ci aspettano Rick e Danny al ristornate italiano Cantinori. Qualcuno (probabilmente qualcuna) di voi ha presente quella puntata di Sex & the City in cui Carrie festeggia il suo trentacinquesimo compleanno? Organizza una festa proprio lì, ma tutti si sbagliano e vanno al ristorante messicano dietro l’angolo che ha un nome simile.
Stasera un tavolo è riservato per noi. Iniziamo con un buon prosecco come aperitivo dopo di che ci accompagnano ai nostri posti. Rick incomincia a raccontarci gli aneddoti di quando lavorava qui come cameriere: ha servito Meryl Streep, Renée Zellweger e tanti altri. Anche Madonna è stata una cliente, ma nel suo giorno di riposo e si è ritenuto fortunato, altrimenti, ci svela, si sarebbe messo a piangere dall’emozione e poi le sarebbe saltato addosso. La cena è davvero deliziosa, così come il vino. Le nostre chiacchiere lo sono ancor di più: tracciamo qualche paragone tra Italia e Stati Uniti. Loro sono incuriositi dalle nostre abitudine e noi dalle loro. E’ davvero interessante stare ad ascoltarli raccontarsi. Tra una chiacchiera e l’altra, Danny ci descrive la volta in cui ha incontrato Lapo Elkann per lavoro e alla domanda di Marco in cui gli chiedeva se, secondo lui,  il rampollo Fiat fosse uno stupido o un genio, Danny, ironicamente, risponde: “He’s stupid genius!”. Dopo di che ci parla della sua considerazione riguardo gli italiani: ha lavorato ed abitato per quasi un anno a Milano e inoltre i suoi hanno origini marchigiane, quindi ne sa un po’in materia, ma è decisamente interessato anche a sentire i nostri commenti e le nostre considerazioni.
Il tempo passa e il ristorante si svuota, ci ritroviamo ad un certo punto circondati da camerieri e il nostro tavolo diventa un melting pot di accenti: conoscono tutti bene Rick e iniziano a ricordare i tempi in cui anche lui era uno di loro. Sono quasi tutti sudamericani e non appena capiscono che siamo italiani iniziano a parlare di calcio: adesso chi li ferma più?
Dopo altre chiacchiere uno di loro ci invita il giorno successivo ad andare alla Esquina, un ristorante messicano, in cui io e Alex siamo già stati un paio di volte, che nel seminterrato nasconde un locale alla moda e impenetrabile senza le giuste conoscenze: chiaramente accettiamo, dobbiamo festeggiare l’ultima sera newyorkese di Marco.
Infine arriva il conto, dividiamo alla romana e corro quindi in bagno a strapparmi un polmone per venderlo al miglior offerente e avere così i soldi per pagare la cena: che mazzata! Va bene, dai, ci sta, sono in uno dei migliori ristoranti di New York (autoconvincimento).
Saluti e abbracci prima di andare a letto e appuntamento alla Esquina da definire.



lunedì 20 dicembre 2010

Last weekend (part2)

E’ sabato e c’è un cambio di programma. Invertiamo gli impegni e così oggi facciamo tappa a Williamsburg (di nuovo), ma stavolta non per partecipare ad un party. Vogliamo scoprire le sue vie piene di gente con stile, a quanto si dice. Ora, avete presente quegli individui con i capelli arruffati, la barba di quattro giorni e l’espressione di chi si è appena svegliato? Li abbiamo incontrati in questo quartiere, tutti rigorosamente muniti di iPod. Da quello che sappiamo, al momento per i ventenni non c’è zona più “in” di questa.
Fuori dalla metro iniziamo a passeggiare facendoci trasportare dall’istinto: le case qui sono molto più “americane” ed hanno la tipica struttura prefabbricata anche se ogni tanto spuntano pure dei palazzoni old style. Non ci sono vie alberate e bei parchi. Le case a schiera sono anonime  e costruite per ospitare le masse, senza badare troppo all’estetica, ma lungo alcune strade pian piano si accendono le luci dei locali e Williamsburg sembra cambiare. Caffè, negozi di musica rock, boutiques vintage e ristoranti: uno dopo l’altro formano un lungo serpente luccicante.
Ci infiliamo in una di queste street e scopriamo, con piacere dei miei uomini (Alex e Marco), una specie di fabbrica della birra, la Brooklyn Brewery, che il sabato organizza addirittura visite guidate per spiegare in che modo lavorano il malto. Facciamo un giro veloce all’interno del vecchio magazzino e sembra quasi di essere in una bisca clandestina: tavolate rotonde strabordanti di boccali di birra e giovani chiassosi che trascorrono qui il loro sabato pomeriggio ci circondano. C’è una bella atmosfera, ma non ci facciamo tentare e proseguiamo il nostro giro.. per circa quattro isolati, dopo di che vedo una super pasticceria e tiro dentro Gianni e Pinotto: alla birra posso resistere, al tiramisù no!
La nostra super merenda a base di cappuccino e torta ci fa godere al meglio anche il resto della passeggiata, finché arriva l’ora dell’aperitivo e quindi decidiamo di tornare a Manhattan per avvicinarci anche al ristorante per la cena: direzione East Village, ormai siamo di casa.
Ci buttiamo in un pub irlandese dai modici prezzi. Mentre beviamo cocktail a base di vodka, decidiamo dove cenare: siamo indecisi tra la cucina israeliana e quella giapponese. La spunta quest’ultima e proverò quindi per la prima volta il sushi (a dir la verità la seconda, ma non vale aver assaggiato pesce marcio in un locale a San Teodoro).
Mega soddisfazione!
Per restare in tema orientale, anche dopo cena andiamo in un locale giapponese in un seminterrato, ma il mio entusiasmo va scemando alla svelta: tutt’altra cosa. Mentre i miei uomini duri provano un martini al lichis che non riescono a finire, io assaggio il tè verde che, non zuccherato, è imbevibile. Mai esagerare col giapponese! Mai!
E’ tardi, è giunta l’ora di tornare a casa. Entriamo alla stazione metro e, mentre aspettiamo,  iniziamo a chiacchierare con uno studente di matematica della Columbia: qui la gente attacca bottone così, senza tante pretese né problemi. Ecco cosa mi piace.
Arriviamo così a casa dopo un delizioso, ultimo, sabato newyorkese.
To be continued..

Last weekend (part1)

Ultimo weekend a New York. Che tristezza: sono già depressa ancor prima di lasciarla.
Incomincio questo post raccontando del mio ultimo (per ora) venerdì nella Big Apple.
Rick, carino come sempre, ci chiama nel pomeriggio e ci invita ad una festa a casa di un suo amico a Williamsburg. Naturalmente accettiamo e ci presentiamo a casa sua a inizio serata pronti per una nuova spumeggiante avventura. Uscire dalla metro a Brooklyn è tutta un’altra storia rispetto a Manhattan: niente luci accecanti, niente taxi gialli e niente bolgia infernale per le strade, ma vie mezze desolate e palazzi con architetture del tutto differenti.
Arriviamo al palazzo di Trevor e ad accoglierci nel suo appartamento stiloso ci sono lui, Earny (detto anche Debs) ed altre persone che non conosciamo. Vengono fatte le presentazioni ed iniziamo a chiacchierare un po’ con uno, un po’ con l’altro, scoprendo così qualcosa di nuovo sulle persone che ci circondano. In molti si conoscono perché hanno frequentato insieme la Julliard, c’è chi è Art Director, chi ballerino, chi un attore mancato. Capiamo così di essere ad una festa di “artisti” e diventa sempre più interessante ascoltare i racconti e gli aneddoti di queste persone.
Man mano che il tempo passa l’appartamento si arricchisce di nuovi volti e di nuove storie: mi ritrovo così a parlare con un avvocato specializzato in immigrazione, al quale chiedo, scherzando (forse non troppo), di procurarmi documenti falsi per restare negli States. Dopo poco ci allieta con la sua presenza anche David, il costumista di Hairspray, che si ricorda di noi e ci saluta con un calorosissimo abbraccio, chiedendoci cos’abbiamo combinato nei giorni precedenti. Nel frattempo ammiriamo estasiati l’appartamento in cui ci troviamo: è arredato con un gusto impeccabile, quadri attaccati alle pareti provenienti da ogni parte del mondo e fotografie che raccontano la vita di Trevor.
La serata passa molto velocemente, tra un bicchiere di vino e una sigaretta, finché non arriva il momento dei saluti perché sia noi che Rick sentiamo la stanchezza piombarci sulle spalle.
Chiamiamo una macchina per farci venire a prendere e riportarci sull’isola che non c’è. Rick chiede al tassista il prezzo per portarci nell’East Village e questo risponde fourteen, ma io, ancora mi chiedo il perché, capisco forty. Così, come una completa idiota, lascio  al nostro driver un sacco di soldi. No, beh, ma dopo due mesi a New York è normale capire quaranta al posto di quattordici...shame on me!!
To be continued..

martedì 14 dicembre 2010

Howe Cavern - Niagara Falls - Toronto


Tre giorni di pulman, di cinesi, di dogane, di cinesi, di hotel lussuosi, di cinesi, di pranzi in cima alle torri, di cinesi, di Canada, di cinesi, di risate, di cinesi, di "tli terti at bus, tli terti at bus", di cinesi, di Toronto, di cinesi e ancora di cinesi.

Ne è valsa la pena. Questi occhi sono stati viziati da immagini imparagonabili.

sabato 11 dicembre 2010

You can't stop the beat!

La settimana scorsa Rick ci ha proposto di andare a vedere un musical per il quale ci avrebbe procurato i biglietti a poco, e come sempre abbiamo accettato con entusiasmo.
Il costumista  è un suo caro amico ed è lo stesso che gli ha confezionato il vestito di Halloween: era uno spettacolo per gli occhi il costume uguale a quello dei ballerini di Madonna nell’ultimo tour mondiale (con tanto di frustino e cappello con la folta chioma).
Il musical in questione è Hairspray, portato di nuovo alla ribalta qualche anno fa con la trasposizione cinematografica che vede protagonista John Travolta nel ruolo di Edna, la madre della protagonista (sì, la madre).
Rick ci da appuntamento per le sette al Lincoln Center, di cui vi ho già parlato la settimana scorsa, ma non abbiamo idea di quale teatro possa ospitare lo spettacolo. Come sempre la piazzetta davanti al Metropolitan pullula di gente: chi va all’opera, chi al balletto, chi a vedere la prosa.
Appena arrivato, Rick mi spiega che stiamo andando a LaGuardia High School of Music & Art and Performing Arts e che Hairspray verrà interpretato dagli studenti di questa scuola, la più prestigiosa di New York nel settore; “prima di entrare alla Julliard si passa di qua”, commenta e mi dice che è anche la stessa scuola a cui è ispirato il film Fame.
Poi, tutto emozionato, mi confida che spera di incontrare Lola.
Lola?
Lourdes Maria Ciccone, figlia della signora Veronica Ciccone: Madonna. Lourdes è al primo anno e, come mi spiegherà il costume design più tardi, è odiata praticamente da tutte le sue compagne. Non dev’essere mica semplice essere figlie di una star!
Arriviamo alla High School e troviamo alcuni amici di Rick ed il suo ragazzo ad aspettarci, tutti molto carini e cordiali: presentazioni di circostanza e via verso l’auditorium della scuola.
Camminare tra i corridoi di un liceo mi porta indietro nel tempo per un attimo, ricordo com’erano quegli anni e ne sento un po’la nostalgia, ma sicuramente quello che succede tra le mura di questa scuola è decisamente diverso da quel che accadeva al Gonzaga. Mi immagino i ragazzi che ballano per andare in classe e canticchiano tra un’ora e l’altra. Ok, ogni tanto succedeva anche a noi di canticchiare per i corridoi, ma poi arrivava Claudio a sgridarti e a mandarti in classe.
Arriviamo all’auditorium e notiamo che la maggior parte degli spettatori sono genitori emozionati, parenti vari e studenti della scuola. Le luci diventano soffuse e anche i ritardatari prendono posto.
Il sipario si apre su Tracy (Yael Rizowy) che si sveglia e canta una meravigliosa “Good morning, Baltimore” dalla quale traspare un entusiasmo infinito. La scena continua poi con il Corny Collins Show dove, attraverso “The nicest kids in town”, vengono presentati i ragazzi del Council Members: bravi e belli, belli e bravi. Un’espressività che sbalordisce se si pensa che in media hanno sedici anni, ognuno sembra creato apposta per il ruolo per cui è stato scelto: le movenze e le espressioni creano dei personaggi completi che non hanno nulla da invidiare agli attori che calcano i palchi di Broadway. Lo spettacolo è esilarante grazie anche alla simpatia di Edna (James Zebooker, questo ragazzo farà strada, deve!!) che col marito Wilbur (Oliver Houser) mette in scena teatrini di vita quotidiana che ti portano a piangere dal ridere.
Due righe vanno dedicate anche alla voce soul e carismatica di Brienne Colston che nello show interpreta Motormouth Maybelle e allo stile impeccabile di Nathaniel Sundholm alias Corny Collins.
In un finale scoppiettante che coinvolge tutto il cast nella movimentata “You can’t stop the beat” il pubblico non riesce ad attendere la fine della canzone e si alza in piedi battendo le mani a ritmo e ballando. Noi facciamo lo stesso, coinvolti dall’atmosfera, e a me, come sempre, iniziano a scendere involontariamente le lacrime per la gioia e per la bravura di questi ragazzi, davanti e dietro le quinte. Applausi ininterrotti fino alla fine delle presentazioni e il sipario cala. Sono senza parole. Potrei continuare a ripetere all’infinito la parola “bravi”, ma sarebbe misera. Non so come rendere giustizia al talento di questi ragazzi.
Usciamo dalla High School e andiamo a berci tutti insieme un bicchiere di vino. Presto ci raggiungono il costumista e i suoi assistenti che ci raccontano i retroscena dello spettacolo e della scuola, come ad esempio dell’attacco di panico della protagonista prima della scena finale o, come dicevo prima, dei rapporti complicati di Lola con le compagne.
Qualche chiacchiera e tante risate per chiudere in bellezza una serata a dir poco perfetta.

Per saperne di più:
http://www.laguardiahs.org/home.html
http://en.wikipedia.org/wiki/Hairspray_(musical)