lunedì 20 dicembre 2010

Last weekend (part2)

E’ sabato e c’è un cambio di programma. Invertiamo gli impegni e così oggi facciamo tappa a Williamsburg (di nuovo), ma stavolta non per partecipare ad un party. Vogliamo scoprire le sue vie piene di gente con stile, a quanto si dice. Ora, avete presente quegli individui con i capelli arruffati, la barba di quattro giorni e l’espressione di chi si è appena svegliato? Li abbiamo incontrati in questo quartiere, tutti rigorosamente muniti di iPod. Da quello che sappiamo, al momento per i ventenni non c’è zona più “in” di questa.
Fuori dalla metro iniziamo a passeggiare facendoci trasportare dall’istinto: le case qui sono molto più “americane” ed hanno la tipica struttura prefabbricata anche se ogni tanto spuntano pure dei palazzoni old style. Non ci sono vie alberate e bei parchi. Le case a schiera sono anonime  e costruite per ospitare le masse, senza badare troppo all’estetica, ma lungo alcune strade pian piano si accendono le luci dei locali e Williamsburg sembra cambiare. Caffè, negozi di musica rock, boutiques vintage e ristoranti: uno dopo l’altro formano un lungo serpente luccicante.
Ci infiliamo in una di queste street e scopriamo, con piacere dei miei uomini (Alex e Marco), una specie di fabbrica della birra, la Brooklyn Brewery, che il sabato organizza addirittura visite guidate per spiegare in che modo lavorano il malto. Facciamo un giro veloce all’interno del vecchio magazzino e sembra quasi di essere in una bisca clandestina: tavolate rotonde strabordanti di boccali di birra e giovani chiassosi che trascorrono qui il loro sabato pomeriggio ci circondano. C’è una bella atmosfera, ma non ci facciamo tentare e proseguiamo il nostro giro.. per circa quattro isolati, dopo di che vedo una super pasticceria e tiro dentro Gianni e Pinotto: alla birra posso resistere, al tiramisù no!
La nostra super merenda a base di cappuccino e torta ci fa godere al meglio anche il resto della passeggiata, finché arriva l’ora dell’aperitivo e quindi decidiamo di tornare a Manhattan per avvicinarci anche al ristorante per la cena: direzione East Village, ormai siamo di casa.
Ci buttiamo in un pub irlandese dai modici prezzi. Mentre beviamo cocktail a base di vodka, decidiamo dove cenare: siamo indecisi tra la cucina israeliana e quella giapponese. La spunta quest’ultima e proverò quindi per la prima volta il sushi (a dir la verità la seconda, ma non vale aver assaggiato pesce marcio in un locale a San Teodoro).
Mega soddisfazione!
Per restare in tema orientale, anche dopo cena andiamo in un locale giapponese in un seminterrato, ma il mio entusiasmo va scemando alla svelta: tutt’altra cosa. Mentre i miei uomini duri provano un martini al lichis che non riescono a finire, io assaggio il tè verde che, non zuccherato, è imbevibile. Mai esagerare col giapponese! Mai!
E’ tardi, è giunta l’ora di tornare a casa. Entriamo alla stazione metro e, mentre aspettiamo,  iniziamo a chiacchierare con uno studente di matematica della Columbia: qui la gente attacca bottone così, senza tante pretese né problemi. Ecco cosa mi piace.
Arriviamo così a casa dopo un delizioso, ultimo, sabato newyorkese.
To be continued..

Nessun commento:

Posta un commento