lunedì 20 dicembre 2010

Last weekend (part1)

Ultimo weekend a New York. Che tristezza: sono già depressa ancor prima di lasciarla.
Incomincio questo post raccontando del mio ultimo (per ora) venerdì nella Big Apple.
Rick, carino come sempre, ci chiama nel pomeriggio e ci invita ad una festa a casa di un suo amico a Williamsburg. Naturalmente accettiamo e ci presentiamo a casa sua a inizio serata pronti per una nuova spumeggiante avventura. Uscire dalla metro a Brooklyn è tutta un’altra storia rispetto a Manhattan: niente luci accecanti, niente taxi gialli e niente bolgia infernale per le strade, ma vie mezze desolate e palazzi con architetture del tutto differenti.
Arriviamo al palazzo di Trevor e ad accoglierci nel suo appartamento stiloso ci sono lui, Earny (detto anche Debs) ed altre persone che non conosciamo. Vengono fatte le presentazioni ed iniziamo a chiacchierare un po’ con uno, un po’ con l’altro, scoprendo così qualcosa di nuovo sulle persone che ci circondano. In molti si conoscono perché hanno frequentato insieme la Julliard, c’è chi è Art Director, chi ballerino, chi un attore mancato. Capiamo così di essere ad una festa di “artisti” e diventa sempre più interessante ascoltare i racconti e gli aneddoti di queste persone.
Man mano che il tempo passa l’appartamento si arricchisce di nuovi volti e di nuove storie: mi ritrovo così a parlare con un avvocato specializzato in immigrazione, al quale chiedo, scherzando (forse non troppo), di procurarmi documenti falsi per restare negli States. Dopo poco ci allieta con la sua presenza anche David, il costumista di Hairspray, che si ricorda di noi e ci saluta con un calorosissimo abbraccio, chiedendoci cos’abbiamo combinato nei giorni precedenti. Nel frattempo ammiriamo estasiati l’appartamento in cui ci troviamo: è arredato con un gusto impeccabile, quadri attaccati alle pareti provenienti da ogni parte del mondo e fotografie che raccontano la vita di Trevor.
La serata passa molto velocemente, tra un bicchiere di vino e una sigaretta, finché non arriva il momento dei saluti perché sia noi che Rick sentiamo la stanchezza piombarci sulle spalle.
Chiamiamo una macchina per farci venire a prendere e riportarci sull’isola che non c’è. Rick chiede al tassista il prezzo per portarci nell’East Village e questo risponde fourteen, ma io, ancora mi chiedo il perché, capisco forty. Così, come una completa idiota, lascio  al nostro driver un sacco di soldi. No, beh, ma dopo due mesi a New York è normale capire quaranta al posto di quattordici...shame on me!!
To be continued..

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